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«Quandu fhjurìscia ‘a bruvera, arrivàu ‘a primavera» come recita questo proverbio dialettale, la primavera è arrivata e lo annunciano, gli alberi fioriti degli altopiani calabresi.

Pianta di erica

Tra questi la "bruvera", anche chiamata erica o ilica, un arbusto sempreverde, utilizzato per lavorazione delle pipe e per la realizzazione di alcuni strumenti musicali tradizionali.

Il canto degli uccellini, il sole di marzo, e qualche alberello in fiore che riusciamo a vedere dalle nostre finestre, forse, quest’anno, non  bastano per dare il benvenuta alla primavera. Invece, è arrivata,

Convenzionalmente  l’equinozio di primavera coincide  con il 21 marzo e  venerdì 20  siamo già entrati nella stagione “fhjuruta” e non per sola pura coincidenza siamo a metà della quaresima.

I falò di San Giuseppe, ancora in uso in alcune regioni della nostra penisola, avvengono proprio la vigilia dell’equinozio di primavera. Le origini affondano  nei riti dionisiaci che segnavano la fine dell’inverno e il risveglio della natura.

Nelle società contadine, inoltre, si attribuiva proprio al santo falegname, il rito simbolico di “segare” a metà i quaranta giorni di quaresima.

Oltre ai fuochi, infatti, in tutta Europa, a metà quaresima, si tramandano altri riti di fertilità e di buon auspicio per il raccolto, dopo aver superato l’inverno che, come recita questa filastrocca calabrese, è sempre duro e difficile: «Sona e canta, pecuraru, ch`è venuta ‘a primavera. Alla faccia ‘e jennaru, quandu facìa chiddha nivèra».

Quest’anno la festa di San Giuseppe è coincisa con il quarto giovedì di quaresima, giorno in cui, nelle società tradizionali, venivano interrotte, per un giorno, le restrizioni e privazioni quaresimali, un tempo osservate con maggior riguardo.

In Calabria, le memorie su queste ritualità sono quasi del tutto perdute, ma fortunatamente ne troviamo traccia negli scritti di alcuni etnografi. Vincenzo Dorsa scrittore calabrese di origine arbereshe riporta che «Quando la quaresima è giunta a metà del corso, le donnicciuole serrano la vecchia, festeggiando il punto medio della stagione tenebrosa con mangiare in compagnia di amiche, mele, fichi, castagne e altri cibi simili...».

"Segare", a metà quaresima un fantoccio fatto di paglia e stracci o spezzare a metà un dolce a forma di pupa è comune a molti paesi della Penisola, ma quest’anno a non sarà possibile serrare la “vecchia” con quei riti che coinvolgevano l’intera comunità. Vorrà significare che bisogna ancora tenere duro?

Foto di Free-Photos da Pixabay

La letteratura calabrese ci riporta anche l’usanza di dare il benvenuto alla primavera, per accattivarsi le simpatie del mese pazzarello e salutare la vecchia stagione, simbolicamente scacciando via «frevaru, curtu e amaru». A Villapiana, grazioso borgo, del Cosentino, è tuttora perpetuata.

Nell'ultimo giorno di febbraio, ci si ritrova nella piazza del paese e ci si aggira per le strade facendo baccano con contenitori di latta, pentoloni, coperchi, trombette, strisciando per terra cianfrusaglie, così da allontanare con l'assordante frastuono le negatività, scacciare febbraio e dare il benvenuto a marzo, per detta dei villapianesi «jam`a scuntruè a marz» (https://www.youtube.com/watch?v=oy5IP2-SZvU).

Si tratta di una sorta di festa - rito propiziatorio, che ritrova le origini nel mondo classico, greco, e rivive a Villapiana per merito di Federico De Marco, caro amico, attento alle tradizioni locali, che con la passione che ci accomuna, documenta e si impegna a far rivivere e valorizzare e farle apprezzare alle nuove generazioni.

E in questi giorni per esorcizzare questa nuova minaccia che ci tiene chiusi in casa e che sta facendo sentire sempre di più il suo peso, come una brutta stagione, proprio nel mese delle streghe, noi usciamo sui balconi a cantare, a gridare la nostra speranza.
 

                                                                                                                                                                                                       Andrea Bressi
                                                                                                                                                    

                                                                                                                                             libero ricercatore e appassionato di tradizioni popolari