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Ad Amaroni, tranquillo borgo delle Preserre catanzaresi, resistono ancora usanze, riti e tradizioni arcaiche tenute in vita dall’intera comunità.Tra questi il rito dei "panuzzeddha" che ricorre nel giorno  della festa di San Giuseppe.

Dalle quattro del mattino, gruppetti di ragazzini e di "ziteddhi", i bimbi più piccoli accompagnati dalle rispettive mamme, si danno appuntamento in vari punti del paese,muniti di sacchetti, zaini e borse.  Man mano i gruppetti diventano sempre più numerosi.

Bambini e ragazzi, come è in uso per la festa di San Giuseppe, percorrono le vie del paese, bussando agli usci delle case, laddove sono attesi con la luce accesa. La padrona di casa offre loro dei panetti “i panuzzeddha”.

Ricevuto il primo panetto, il gruppetto va alla ricerca di un’altra porta illuminata. Capita di trovare qualche luce fioca che lascia il dubbio se quella famiglia rinnovi o meno la tradizione. In questo caso la comitiva manda avanti a bussare il più piccolo.

Non mancano le donne che attendono le comitive di "zitiadhi", allestendo davanti casa una sorta di banchetto con sopra i cesti contenenti i panetti,  come è frequente nella zona di "A Scivulenta".

Per una volta, in tutto l’anno, sono i bambini a portare simbolicamnete il pane ai propri papà, come una sorta di segno di gratitudine.

Sono tanti i riti e le usanze, ovunque, legate a questa festa.  Sono frequenti: il dono, l’offerta, i pranzi e i “cumbiti” per i poveri. Ma l’antico rito di andare "a panuzzedda” mantiene una sua unicità nel borgo.

 

E quest'anno, come sarà  stato il risveglio dei piccoli Amaronesi?

Sicuramente sarà stato strano, la sera precedente, andare a dormire senza sentire, allo stesso modo, la fragranza del pane che già dal pomeriggio era solito spandersi per tutti i vicoletti della cittadina del Miele, grazie all'impegno delle anziani dei fornai.

“Duva jamu `a panuzzeddha?" era la domanda ricorrente dei bambini.

 «Non era mai accaduto prima d'ora, una festa di San Giuseppe senza il rito dell'offerta dei panicelli» testimonia una anziana amaronese, che ogni anno con amore tiene a rinnovare la consuetudine.  Ma ha messo in ammollo i ceci,  da porre in cottura nella antica pignata.

Per tradizione, e "ppe devoziona" nelle famiglie di vari luoghi della Calabria si è soliti consumare "pasta 'e ciciari ccu finocchi 'e timpa, ppe' rifriscara l'anima de' morti!".  Con la parola "ciciari" sono chiamati i ceci.

Nella stessa regione famiglie,  rinnovano ancora  l'usanza, per devozione, per voto o per grazia ricevuta,  di imbandire tavolate con pasta e ceci e altri legumi, baccalà, peperoni, frittele, olive e  dolciumi,  tra questi ultimi in primis "i zzippuli ‘e San Giuseppi", da offrire alle persone bisognose del paese. Solitamente i commensali si ritovano in numero di tredici o anche solamente tre, come Gesù, Giuseppe e Maria.

Legata alla ricorrenza, anche un'invocazione popolare per richiedere l'intercessione di San Giuseppe,  "u Vecchjareddhu":«San Giuseppi, Vui siti lu Patri,Virgini siti comu la Matri e di li Santi Vui siti 'u maggiuri,ca siti lu Patri de nostru Signuri».
                                                                                                                                                          

                                                                                                                                                                                        Andrea Bressi

                                                                                                                                                      libero ricercatore e appassionato di tradizioni popolari