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Presentato, nella sala consiliare comunale, "A parole nostre - dal vernacolo all'italiano e ritorno" la raccolta che è un viaggio nella memoria, un omaggio al grande patrimonio identitario di cultura immateriale di cui soprattutto le aree interne della nostra regione sono custodi.

Un percorso che celebra l'identità del popolo calabrese andando alla riscoperta delle proprie radici, dei suoi "dialetti"; un patrimonio linguistico "frammentato", espressione soprattutto della civiltà contadina e di saggezza popolare.

Proverbi, canti popolari, nenie, poesie, modi di dire declinati nelle espressioni dialettali che esprimono l'essenza di valori e a volte diventano anche un modo per "pontificare", "sentenziare", con pungente ironia, riguardo a episodi, stati, fatti, condizioni della vita quotidiana.

Suggestiva l'apertura, con un "canto di sdegno" eseguito da Andrea Bressi, cantastorie e ricercatore catanzarese, cui sono seguiti i saluti del sindaco Luigi Ruggiero, che si è anche soffermato sull'importanza dell'iniziativa culturale.

Subito dopo la parola al vice sindaco, Teresa Lagrotteria, che con l'incipit "u calabrisa vo parratu" ha accompagnato i numerosi partecipanti in questo viaggio di andata e ritorno tra le nostre radici, la nostra "unicità", soffermandosi su  un patrimonio linguistico espressione spesso dei valori della giustizia e dell'uguaglianza sociale.

 

 Spiega, leggendo e interpretando alcuni versi, la struttura della raccolta: dagli scioglilingua, agli indovinelli, alle credenze popolari, ai nomignoli, ai canti.

Ad approfondire i contenuti il catanzarese Silvestro Bressi, studioso, esperto di credenze e tradizioni popolari, dal cui lavoro di anni di ricerca sull'intero territorio regionale promana buona parte della raccolta; declina versi, espressioni di saggezza popolare; spiega i nomignoli, tradizioni quali  la "corajisima", "il comparatico del San Giovanni", l'arte dei fischietti, figure e voci che caratterizzavano le strade e le piazze dei paesi, come il "sampaularo", il banditore, e poi ancora  balli e credenze: la tarantella e i tarantolati, l'interpretazione dei sogni, "magare e magarie", il malocchio.

Spazio anche ai giochi di una volta, ad alcune poesie in vernacolo, ai canti popolari.

"A parole nostre - dal vernacolo", ovvero dalle origini della nostra appartenenza alla cultura calabrese, "all'italiano", a esprimere l'importanza di diffondere la conoscenza e il sapere attraverso un linguaggio unitario nazionale, "e ritorno" preservando e alimentando la nostra identità di popolo regionale.

 

Un percorso nel quale ci hanno accompagnato con i loro versi anche due scrittori e poeti amaronesi, purtroppo scomparsi, che rappresentano un pezzo di storia della comunità: Salvatore Cancelliere e Francesco Salvatore Olivadoti. Importante il contributo offerto anche dalla popolazione anziana e da quanti, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione della raccolta.

La manifestazione culturale si è arricchita dell'arte del maestro Salvatore Miglietta, calabrese di adozione, carica del suo innato "meridionalismo", della sua naturale rappresentazione del "vero autentico", dell'irruenza dei cromatismi, delle donne migliettiane, sempre impegnate nel lavoro, spesso ritratte nell'atto della raccolta delle olive, concentrate, piegate ma non spezzate dalla fatica, umili ma forti, "dai visi terrosi che, in una esplosione improvvisa, sono illuminati dalla luce del sole.

Il progetto espositivo è incentrato su venti opere, una vera e propria antologica: dalla sua "Voglia di vivere" datata 1959, realizzata durante il primo incontro con Giorgio Morandi, protagonista della pittura italiana del Novecento, considerato tra i maggiori incisori mondiali del secolo, che sarebbe diventato il suo maestro, passando attraverso il periodo della pittura sociale, con i temi della vita nei campi.

I decenni di attività artistica si susseguono nella mostra evidenziando la sua personale narrazione umanistica per arrivare alla più recente fase "agravitazionale", una specifica tecnica sperimentale adottata dall'artista, mediante la quale l'opera "s'illumina di luce propria", rappresentando la "metamorfosi di un'idea": tutto ciò che la luce maschera, il buio disvela.

La mostra, presentata da Wanda Chiodo, consulente di comunicazione e marketing in affiancamento all'Amministrazione Comunale di Amaroni, sarà aperta al pubblico sino al 3 maggio, continuando a regalare emozioni e suggestioni, spunti di riflessione e stupore.