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Bologna, il Museo internazionale e biblioteca della Musica promuove un nuovo appuntamento di incontro tra musica e arte presentando dal 13 maggio al 10 giugno 2018"Quando la musica si mostra. Una nota al Museo".

In primo piano un progetto espositivo di Francesco Tricarico, curato da Olivia Spatola e organizzato in collaborazione con la galleria Fabbrica Eos di Milano, Musiche Metropolitane e Vittorio Corbisiero Management, con il patrocinio del Comune di Bologna.

 

In occasione dell’inaugurazione di sabato 12 maggio alle ore 18.30, il cantautore milanese si esibirà in un live show a partire dalle ore 20.00 (con ingresso libero fino ad esaurimento posti).

Il mondo visionario di Tricarico trova espressione in un intreccio complementare tra forme artistiche differenti: composizione musicale, scrittura e arte visiva. Per questa sua attitudine, il Museo della Musica appare come un luogo naturale in cui mettere in scena le sue opere, per il ruolo culturale che riveste.

Situato nel cinquecentesco Palazzo Sanguinetti, decorato da splendidi affreschi, il museo espone le prestigiose collezioni di beni musicali della città di Bologna, in un percorso di visita che si snoda attraverso nove sale a ripercorrere sei secoli di storia della musica europea, con oltre un centinaio di dipinti, più di ottanta strumenti musicali antichi ed un'ampia selezione di documenti storici di grande pregio.

L’intento della mostra "Quando la musica si mostra. Una nota al museo" è quello di far dialogare l’arte con la musica all’interno di uno stesso spazio che è al contempo sia fisico che metaforico: il concetto della musica in quanto segno espresso - scritto, di contenitore di significanti e di significati che suonano anche quando gli strumenti non sono sfiorati dalle dita del musicista.

In questo spazio che potremmo definire del "silenzio cageano", in cui lo spettatore ha la sensazione di ascoltare qualcosa anche se tutto tace, le opere di Francesco Tricarico svelano in quale modo è possibile controllare e organizzare le nostre percezioni.

I lavori selezionati sono sette come il numero delle note musicali e le sale del museo in cui il percorso artistico si dispiega.

Ed è così che le stanze abbandonano temporaneamente la loro consueta numerazione per diventare contrassegnate - attraverso i dipinti dell’artista – dai nomi delle note musicali: la “Stanza del Do”, la “Stanza del Re”, la “Stanza del Mi”, la “Stanza del Fa”, la “Stanza del Sol”, la “Stanza del La” e la “Stanza del Si”. Ma non solo.

In questo caso, il segno - ovvero la relazione tra significante e significato - rappresentato dalla denominazione delle stanze, diventa anche simbolo: vale a dire una realtà altra, che va oltre e da ricomporre; l’espressione dell’inconscio collettivo da cui emergono processi di trasformazione tra ciò che è noto e ciò che non lo è, coinvolgendo lo spettatore.

La “Stanza del Do” dunque - in questo gioco fra segno e simbolo - non è soltanto la sala in cui Tricarico omaggia la prima nota musicale, ma anche del Do-minus; la “Stanza del Re” del Re-gnare; la “Stanza del Mi” del Mi-stero; la “Stanza del Fa” del Fa-re; la “Stanza del Sol” del Sol-o; la “Stanza del La” del La-voro e la “Stanza del Si” del Si-lenzio, che chiude concretamente e allegoricamente la mostra.

 

Cos’è l’arte per Francesco Tricarico? È un modo di tornare alla vita, un riscatto, una rivincita, una grande occasione di scoperta e di de-costruzione di tutti i sistemi dell’essere umano.

La passione per la pittura nasce fra i banchi di scuola e precisamente durante le lezioni di educazione tecnico-artistiche alle scuole medie: “Ho un grande ricordo di quel periodo. Mentre disegnavo linee diagonali e curve per poi riempirle di colore, mi trovavo a partorire pensieri enormi che forse avrei dovuto affrontare un po’ più avanti. Ma siccome già li affrontavo, la ritualità di quei disegni mi dava la giustificazione di assentarmi e allontanarmi momentaneamente da tutti i miei amici perché mi sentivo in difetto: avevo argomenti che non potevo condividere con loro, c’era la morte, la morte di mio padre, pensieri troppo difficili da gestire. Riempire gli spazi di colore era un modo per riflettere sulla mia solitudine. Per cui - l’arte come la musica - giustificava me stesso e la mia esigenza di prendermi del tempo. Quel mondo dava una sensazione di protezione che poi con il tempo ho rielaborato”.

I suoi quadri sono frutto di una ricerca interiore unita alla necessità di produrre contenuti dal valore universale, che lo uniscano agli altri nel concetto di bellezza condivisa.

Per Tricarico dipingere non è un tentativo di fuga dalla realtà ma un modo di esserci: “è un modo di essere nella realtà interpretandola. Osservandola in altri modi, osservandola su una tela, innesca un un modo diverso di pensare e l’atto creativo rappresenta un momento che altrimenti non si fermerebbe ed invece si ferma. Tutto ciò mi suscita stupore”.

La sua arte è un grande caos ordinato, come afferma l’artista stesso. I soggetti delle sue opere cambiano, non sono mai gli stessi. La sua è una ricerca continua, legata a tutti i sensi, alla vista e soprattutto a ciò che non si vede: Tricarico è affascinato dalle cose che non sono visibili ma che allo stesso tempo possiamo intuire, percepire.

I suoi quadri sono delle chiavi d’accesso, piccole magie che aprono altre porte: “la tela mi svela qualcosa che prima non c’era, aiuta a farmi capire cose che probabilmente ancora non so”. La mostra "Quando la musica si mostra. Una nota al museo" fa parte di Bologna Estate 2018, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna.